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Proposte

Gli auguri di Natale del Vescovo

 

«C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: “Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei fare memoria del bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza della cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asino”. Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo» (Tommaso da Celano, Vita Prima, n. 84).

Risale esattamente a ottocento anni fa il presepe di san Francesco. È un presepe “vivente”, secondo il racconto del primo biografo del Santo di Assisi, Tommaso da Celano. La scena della Natività era già stata rappresentata più volte. La più antica si trova nelle Catacombe di Priscilla, dipinta da un ignoto artista del III secolo. Nella tradizione bizantina la Natività di Gesù era raffigurata in una grotta, con la Vergine Maria distesa su un giaciglio, con Gesù bambino nella mangiatoia, mentre San Giuseppe era rappresentato all’esterno, in disparte. Giotto fu il primo pittore a ritrarre una Natività con sembianze naturali, nella Cappella degli Scrovegni a Padova.

Secondo il racconto di Tommaso da Celano, invece, il presepe “vivente” di Francesco non rappresenta tanto la scena della nascita, quanto l’Adorazione del Bimbo Divino. Vediamo perché? Egli fa disporre gli elementi della scena della nascita di Gesù (la greppia, il fieno, il bue e l’asino), ma non ci sono i protagonisti (Maria, Giuseppe, il Bambino e gli angeli). Egli vuole “vedere con gli occhi del corpo”, ma fa preparare una scena che mostri «i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato». Il “presepe” di Francesco è questione di sguardo! Si vede la povertà della greppia, la fragilità della paglia, la compagnia del bue e dell’asino, perché lo sguardo credente contempli il «mio Signore e mio Dio» (Gv 20,28). Si vede un infante nudo e fragile, ma si adora il Dio fatto bambino.

Continua il racconto di Tommaso da Celano: «E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introdu­cono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la sempli­cità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme» (Tommaso da Celano, Vita Prima, 85).

La gioia e l’esultanza sono l’atmosfera del Presepe di san Francesco, in cui «s’accende splendida nel cielo la Stella che illumina tutti i giorni e i tempi». La stella illumina lo sguardo che vede nell’umiltà della greppia il Dio bambino: «Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia». Il biografo commenta stupito la scena del primo presepe della storia che accoglie il Re del cielo. Egli non contempla con gli occhi del corpo il Bimbo di Betlemme, ma ne riconosce il paesaggio inconfon­dibile:

«In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme». Gli occhi di Francesco contemplano nella greppia vuota Maria, Giuseppe e Gesù bambino. Il Santo di Assisi non li vede, ma li intravede con l’emozione della meraviglia dei presenti: frati che provengono da tutte le parti, uomini e donne che arrivano festanti dai casolari, portando ceri e fiaccole per illuminare quella notte tersa di stupore.

Al termine del racconto sul presepe c’è però una sorpresa. Il presepe di Greccio non rimane vuoto come una greppia senza personaggi, ma Francesco rende visibile la Presenza per eccellenza, facendo celebrare l’Eucaristia. Il racconto di Tommaso da Celano termina, infatti, in modo inaspettato: «Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia. Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima. Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme» (Tommaso da Celano, Vita Prima, 85-86).

Nessuno aveva mai osato tanto: nel volto del piccolo infante si rivela Dio che si fa bambino, ma un Dio così non può essere sequestrato, non può diventare ostaggio di dolci sentimenti e di storie melense, come nei nostri presepi moderni. Non si può “s-velare” completamente la gioia intima del “nuovo mistero”, ma va custodita sotto i veli del Dio che, «essendo ricco, si è fatto povero per noi, perché diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9). Sì, Dio ci arricchisce, ieri come oggi, con la sua povertà, sotto i veli del pane spezzato e del calice condiviso: è l’Eucaristia di Gesù che Francesco ha celebrato con i suoi frati e il popolo santo di Dio a Greccio nel Natale di ottocento anni fa.

Buon Natale 2023!

+ Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara

Gli auguri del Sidaco alla Città di Domodossola
 
Le festività inducono inevitabilmente a riflessioni e propositi, portandoci a tratteggiare un personale bilancio dell’anno che sta per finire. 
L’Amministrazione Comunale sta sviluppando con impegno, determinazione e concretezza il programma premiato dai cittadini nelle ultime elezioni.
La Città, il suo diventare sempre più bella, il crescere della sua vitalità sono sotto gli occhi di tutti: in questi anni Domodossola si è risvegliata, e con lei il nostro sentirci comunità.
Con tutto questo, però, c’è ancora molta strada che siamo determinati a fare nel percorso di trasformazione della nostra amata Domodossola.
Allo stesso tempo non possiamo dimenticare l’esistenza di problemi che, purtroppo, toccano ogni città: molte famiglie faticano ed esiste una povertà, spesso sommersa, che chiede risposte.
Il disagio sociale, purtroppo, è una realtà con cui dobbiamo confrontarci, ma in Città sono presenti un associazionismo meraviglioso e una ragnatela di solidarietà sorretti da sentimenti forti, che infondono speranza.
E la speranza è un po’ l’essenza del Natale che si avvicina.
Khalil Gibran ha scritto tante poesie indimenticabili: desidero - per questo messaggio augurale - prendere in prestito un passaggio di una delle più note, “Il vero amore”, citata anche dal papà di Giulia Cecchettin nel suo toccante intervento di fronte al feretro della sventurata ragazza che di questo 2023 è diventata simbolo innocente intorno al quale - insieme a tutte le donne sopraffatte, maltrattate, offese - dobbiamo stringerci per essere degni di appartenere all’umanità.
Il passaggio recita:
“Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno. La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia”.
Nel tempo di Natale, l’augurio che faccio ai miei concittadini è quello di riuscire a trarre il meglio da ciò che si ha e, soprattutto, di essere capaci di danzare nella pioggia. Manteniamo la barra diritta e andiamo avanti, insieme, per la nostra Città e per la nostra comunità.
Auguri di cuore di buon Natale e che il 2024 possa essere, per Voi tutti, un anno ricco di salute e di serenità.
                                      Lucio Pizzi, Sindaco di Domodossola

45 giri doppi

01 Al Carrano – Il sole non tramonterà mai/Notti
02 Anton Luca – Prova a dirmi sì/Mi piaci moltissimo
03 C. and J. Group – Due ragazzi un solo amore/Simon
04 Celti – Niente più/Mare del Sud
05 Chalice – Easy street/Go slow
06 Cris B. - O.K./Il tempo dell'amore
07 Devil – Mistero/Città inferno
08 Ella Armstrong – Touchez la chatte/Raincheck
09 Ferdinando Sapio – Che strana idea/Un Deo
10 Forzanove – Autoanalisi/ Vieni,dai
11 Forzanove – Avessi un paio d'ali/ Lo specchio
12 Gli Amici di Misha – Amico Misha
13 Icecream – Andrei in America/La giostra di Marilyn
14 Joe Kris – Just love/Love me girl
15 John Alan – Amore universale/Gioconda gay
16 Lyla Arizona – Back here in England/I'm not Lisa
17 Marco Rofi – Se vivrò/Mi piaci
18 Momi – Due Pierrot/E' così
19 Octopus – All alone/Back seat love
20 Priamo – Atomic music/Bikini
21 Rino Di Lauro – Non puoi mandarmi via/Marina
22 Sally Townsend – Love at the first night/Chances are
23 Sindy – E...Oh!/Casateca Discoteca
24 Volpi blu – Ti prego, torna/Com'eri bella

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